il pitecantropo

Ecco cosa succede a perdere il treno dell'evoluzione

The penis on the table


Ma passiamo a cose serie. La lingua.

Io ti ricordo ancora, signorina dell'inglese dei magnifici anni settanta, che allora mi sembravi vecchia e quindi forse ora sei morta. Tu ci chiamavi alla lavagna a farci scrivere la data e il giorno. Io ero stato malato e avevo saltato la lezione in cui tu spiegasti i giorni della settimana, e quando tornai a scuola tu mi chiamasti alla lavagna a me proprio a me per farmi scrivere che giorno era. E quel giorno lì era un martedi o un giovedi ne son sicuro. Perchè era thursday o tuersday e io sin da un remoto giorno dei fantastici anni settanta non ho mai capito che cazzo di differenza c'è fra thursday o tuersday. Differenza fonetica soprattutto. Che è come se noi dicessimo martedì e martadì. E io ti ho pensata, signorina dell'inglese che forse sei morta, ti ho pensata tanto tanto quando l'altro giorno al telefono il mio potenziale futuro eventuale ma ormai credo poco probabile padrone mi ha detto: well, can you call me… (e fin qua -cazzo- c'ero. Avevo eustachio e la sua tuba conficcata dentro quel cazzo di altoparlante in una fusione uomo-macchina di scuola gigeriana. Stavo capendo tutto nonostante il discorso avvenisse con un uomo che ha una dentatura tirata a casaccio da un lanciatore di dadi ubriaco e quindi la differenza fra dentali e gutturali aspirate si misuri in sputazzate).
well, can you call me…tsdei?
Io volevo dirgli: –Tsdei cosa, signor potenziale padrone. tsdei quando. de dei after mondei or de dei bifor fraidei?
No dimmi, perchè io quel giorno lì ero malato e sai come vanno le cose in questo senso. A quell'età poi è come l'imprinting alle papere, che se appena nasce gli fai vedere uno sciapode quella poi crede di essere uno sciapode e hai voglia a convincerla che no, che lei è nata paperina che cosa ci vuoi far.
Allora me la gioco col 50 e 50. Lo chiamo giovedì. Poi, dovessi aver sbagliato, oh boss sorri bat ai was sic. laic det dei ov meni iars agò.

E siccome le pestilenze non vengono mai da sole, (ma qua la signorina degli anni settanta che forse è morta non c'entra), -MUSICHETTA- ecco l'amica dislessia su base paranoide che ogni qual buon vento mi riaffiora come rondini a primavera.
Ok. Ho sempre avuto enormi difficoltà a discernere in tempi ragionevoli i fonemi kitchen e chicken. Che cazzo ci posso fare, mi confondo.
Ma pensateci: sono molto simili. Chìccen e cìcchen.
Guardateli. Vero che sembrano uguali uguali? Solo un lieve scivolamento di nostra sorella mutina (all'asilo il disegno della h era una mutina, raffigurata come una fata con tanto di bacchetta magica ma con lo sguardo basso perchè appunto muta. La d era un dado. La e un'elica. La z zebra o zoccolo. La k l'hanno inventata insieme ai cellulari. Chissà che c'è negli asili per la k. Da ciò si inferiscono tante cose nella vita di una persona come appunto quella di andare a fare il cuoco a londra a 40 anni).

Dicevamo: basta un niente per far cambiare per sempre il senso ad una frase e probabilmente anche ad un'esistenza.
Ad esempio ora fate il caso che qualcuno si rivolga a voi con un coltello in mano dicendovi: e quanta gente c'è nel pollo?
Di quanto tempo avete bisogno prima di arrivare alla conclusione che la persona di fronte a voi in realtà non soffre di turbe psichiche con manifestazioni di  para-sodomia avicola?
Menomale che domani vado a provare in un ristorante italliano và, e male che vada ci mangiamo due macaroni al salami e pomodori napoletana.
Dezz'ammore.

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3 pensieri su “The penis on the table

  1. utente anonimo in ha detto:

    La differenza sta nella "r", per esempio… in uno manca. Un dizionario, no?! Bestia sei e bestia rimani, pure alla Londra! E la "h"… Mpf… 

  2. Ieri ho ordinato una birra e mi hanno portato il conto. Non so di chi, perchè io non avevo bevuto nulla ancora. Dice che avevo detto bill invece di biir. Non so se ero più bestia io o polacca la cameriera.

  3. utente anonimo in ha detto:

    Potrei intrattenerti con dei simpatici aneddoti di chi al liceo studiava 3 lingue straniere più una morta e quella vivissima con cui già ci sono abbastanza problemi ancora oggi; e potrei dirti di quella volta che dopo aver imparato durante la lezione di tedesco che veleno si dice "Gift", una compagna di classe chiamata a raccontare la storia dell'Amleto decise di far versare nell'orecchio del re padre un bel regalo, con parecchio sgomento della signorina di inglese degli anni '90; oppure potrei dirti di quell'afasia che prendeva all'ultima ora in cui alcuni di noi iniziavano a esprimersi in un Esperanto ante litteram di italiano-inglese-latino-francese(o russo)-tedesco e ci si capiva pure. Ma non lo farò. Ti meriti un po' di tranquillità e pace linguistica.Break a leg!Valentina

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